AUTO ELETTRICA?

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Modello trasformabile

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in elettrico a pedalata assistita ( PAS )

AUDI si è svegliata!

In giro con un bolide elettrico.

domenica 3 febbraio 2008

Ecco il video della Nissan Pivo 2.

Al Salone di Tokio, in programma dal 27 ottobre all'11 novembre, sarà presentata la Nissan Pivo 2! Una city car, un prototipo a propulsione elettrica che affida la comunicazione tra auto e pilota ad un agente robotico che suscita sentimenti di affetto e fiducia. L'abitacolo ruota su se stesso di 360° e la porta anteriore si orienta in direzione dei passeggeri, invitandoli a entrare in un ambiente caldo e accogliente.


Nissan Pivo 2 è uno dei veicoli piu' innovativi ed interessanti degli ultimi anni. La vettura è mossa da batterie agli ioni di litio e le ruote in grado di sterzare di 90 gradi permettono una grande agilità nei parcheggi, il montante anteriore trasparente, la retromarcia non esiste.

Inoltre la Nissan Pivo 2 ha un sistema interattivo grazie al Robotic Agent, appositamente creato da Nissan, che un assistente robotico a cui si possono rivolgere domande sia in inglese che in giapponese per il momento. Il guidatore può chiedergli informazioni su percorsi, ricerche negozi o parcheggi.

Prima di fare la sua comparsa ufficiale al Motor Show di Tokyo, Nissan Pivo 2 sarà esposto in anteprima alla Ginza Gallery di Tokio


Tom Hanks vuole convincere gli americani che le auto elettriche funzionano

Tom Hanks negli Stati Uniti è il più famoso testimonial delle auto elettriche. Ormai da tempo sta cercando di convincere gli americani che le auto elettriche sono già pronte, funzionano e non è roba da futuro. E’ andato a dirlo anche nel seguitissimo programma televisivo di David Letterman (il video è questo). Adesso ha girato un video dove si rivolge direttamente agli americani. Vuole sfatare i luoghi comuni che squalificano l’auto elettrica ad auto di serie B. Ecco la prima parte del video, dove viene presentata la E-Box (ne abbiamo parlato qui), versione modificata della Scion xB. Dopo il salto, la traduzione in italiano del discorso di Tom.

General Motors EV1




La EV1 è stata la prima auto elettrica (a batteria) prodotta dalla General Motors negli Stati Uniti e anche il primo veicolo nella storia della compagnia con il logo GM sul cofano.

La GM rese disponibili, per il noleggio a lungo termine, oltre 800 vetture EV1 (delle circa 1100 costruite [1]) con la previsione di ritirarle dopo tre anni di servizio. Le EV1 erano disponibili solo in California e Arizona. L'assistenza era affidata ad alcuni rivenditori selezionati della rete Saturn.

Il progetto EV1 fu sviluppato principalmente per soddisfare le leggi anti-inquinamento della California. Un provvedimento, noto come ZEV mandate, prevedeva che entro il 1998 almeno il 2% delle auto prodotte fosse a emissioni zero. La GM dichiara di aver investito oltre un miliardo di dollari per lo sviluppo e la commercializzazione della EV1, molti dei quali provenienti dagli 1,25 miliardi di dollari erogati dall'amministrazione Clinton nell'ambito del progetto Partnership for a New Generation of Vehicles (PNGV) (collaborazione per una nuova generazione di veicoli) [2] [3]. Nonostante le numerose richieste di noleggio, spesso disattese, e i feeback positivi degli utilizzatori, la GM affermò che non era possibile vendere un numero sufficiente di veicoli da rendere il progetto EV1 redditizio. In realtà tutte le vetture disponibili erano sempre state noleggiate. Il progetto fu abbandonato nel 2003 [4] [5].

Il prezzo della vettura era stimato fra i 33.995 e i 43.955 dollari a fronte di un costo per il noleggio che partiva da 299 dollari fino a oltre 574 dollari al mese. Il costo del noleggio dipendeva anche dalla disponibilità di finanziamenti da parte dello stato. Un dirigente GM dichiarò che ogni EV1 costava alla compagnia circa 80.000 dollari, inclusi i costi di ricerca e sviluppo [6] . In realtà il costo per veicolo dovuto a ricerca, sviluppo e marketing si riduce sensibilmente se il modello è prodotto in grandi quantità.
In quegli anni il costo dell'energia elettrica utilizzata era stimato fra il 30% e il 50% del costo della benzina. L'attuale aumento del prezzo del petrolio avrebbe reso l'utilizzo dell'energia elettrica ancora più vantaggioso.

Tecnologia


La EV1 fu progettata come veicolo elettrico, non era un adattamento di un'auto a benzina e non utilizzava la trasmissione di un'auto già esistente. La General Motors sperimentò numerose soluzioni tecnologiche sull'EV1, tra queste:

Molte di queste tecnologie furono applicate per migliorare l'efficienza complessiva della EV1.

La prima generazione della EV1 (1996-1997) utilizzava batterie piombo acido ermetiche prodotte da Delphi, la seconda generazione (dal 1999) montava batterie al nichel metal idruro. Su alcune vetture della prima generazione furono montate in seguito batterie Panasonic, sempre in tecnologia VRLA.

La EV1 Gen1 permetteva di percorrere 90-120 km con ogni ricarica utilizzando batterie Pb-Acido Delco (Delco fa parte del gruppo industriale Delphi). La EV1 Gen2 consentiva un'autonomia di 120-240 km ed era equipaggiata con batterie Ovionics al nichel metal idrato. Le EV1 equipaggiate con batterie Pb-Acido Panasonic percorrevano 120-160 km con ogni ricarica.
La completa ricarica delle batterie richiedeva 8 ore (si poteva effettuare la ricarica parziale dell'80% in circa 2-3 ore [7]).
Il pacco batterie era composto da 26 moduli Pb-Acido 12 V per un totale di 67,4 MJ (18,7 kWh), oppure 26 moduli NiMH 13,2 V per complessivi 95,1 MJ (26,4 kWh).

Nel 1994 Un prototipo di EV1 modificata stabilì il record di velocità per veicoli elettrici di serie, viaggiando a 295 km/h nel deserto dell'Arizona.


Come si noleggiava


Ottenere una EV1 era veramente molto difficile. Prima di tutto l'auto non poteva essere acquistata: era previsto solo il noleggio, con scadenza prefissata, di tre anni; non era possibile rinnovare il contratto o acquistare il veicolo pagando il valore residuo. I potenziali clienti dovevano fissare un appuntamento anche solo per effettuare un test drive. Solo alcuni concessionari Saturn ottennero la EV1, e solo alcuni potevano realmente concederla a noleggio. Prima ancora di conoscere le condizioni di noleggio, gli acquirenti erano sottoposti a una 'pre-selezione' nella quale si ricordava loro quanto la EV1 fosse diversa dalle vetture convenzionali. Le auto non furono mai disponibili immediatamente per il noleggio. Gli acquirenti erano inseriti in liste di attesa, senza che fosse nemmeno prefissata una data di consegna. Dopo un'attesa da 2 a 6 mesi ai locatari veniva assegnata una macchina, ma prima della consegna era necessario ancora parecchio tempo. Oltretutto i clienti dovevano installare il caricabatteria a casa propria, adeguando opportunamente l'impianto elettrico (era necessaria l'alimentazione a 220 V mentre lo standard USA è a 110 V), questo richiedeva ancora una o due settimane. Ottenere una EV1 non è mai stato come ottenere un'auto qualsiasi.

La EV1 su strada


Una volta ottenuta la vettura, l'esperienza alla guida della EV1 era entusiasmante e unica. La EV1 aveva la più bassa resistenza aerodinamica fra tutti i veicoli mai prodotti in serie. Di conseguenza, a velocità autostradali, si udiva solo il rumore prodotto dal rotolamento degli pneumatici, erano completamente assenti fruscii aerodinamici e rumori provenienti dal motore. A velocità più basse, e a macchina ferma, l'auto era completamente silenziosa, eccetto il leggero ronzio del cambio.

Le prestazioni erano eccellenti, si raggiungevano 100 km/h in circa 8 secondi. La velocità massima era limitata elettronicamente a 130 km/h, in realtà il sistema di propulsione e l'aerodinamica della EV1 avrebbero permesso una velocità teorica di 300 km/h utilizzando un cambio opportunamente modificato.

La velocità e alte informazioni erano visualizzate sull'avveniristico display digitale posto sopra il cruscotto.

La postazione di carica aveva dimensioni di 46x61x152 cm e la forma ricordava una pompa di benzina. Il collegamento per la ricarica era di tipo induttivo, si effettuava inserendo un connettore in plastica nella presa sul muso della vettura. Il processo di ricarica era efficiente e sicuro.


Fine della produzione


Alcuni pensano che il progetto EV1 sia nato per fallire, fin dall'inizio, e che sia servito solo per tentare di dimostrare che l'auto elettrica non è un'alternativa praticabile. Chi propone questa teoria cita come prove l'inadeguata campagna di marketing e la fornitura di vetture volutamente mantenuta al di sotto delle richieste. Gli stabilimenti dove era prodotta la EV1 producevano anche altri modelli. I vertici della GM hanno sempre respinto le richieste di dedicare maggiori risorse alla produzione della EV1, la conseguenza è stata una produzione costantemente inadeguata alle richieste di mercato. Un'altra prova, sempre secondo questa teoria, è stata l'insistenza della GM nel riappropriarsi e nel distruggere tutte le EV1, invece di rivenderle alla fine della locazione. Questa scelta sarebbe stata presa dai dirigenti della GM perché il progetto EV1 rischiava di essere un successo, nonostante tutto. Il fallimento del progetto EV1 sarebbe stato determinato da vari fattori, principalmente dalle pressioni delle compagnie petrolifere, le quali vedevano nell'auto elettrica un pericolo per il loro business.
La GM dichiarò che il progetto era stato abbandonato per mancanza di richiesta da parte del mercato, anche se, successivamente, personale interno alla GM [10] fornì documentazione riguardo a lunghe liste di attesa per il noleggio della EV1 [11].

Le cause legali da parte dei tre maggiori costruttori di auto, inclusa GM, ha spinto la California Air Resource Board (organo che si occupa dell'inquinamento dell'aria) ad alleggerire le normative anti inquinamento (ZEV mandate) a tal punto che la GM ha potuto cancellare il progetto EV1. [12] Alla fine del periodo di noleggio, le auto sono state ritirate e stoccate a Burbank, California. La GM ha donato un esiguo numero di vetture a college e università per gli studenti di ingegneria, e ad alcuni musei (tra cui l'Istituto Smithsonian). Il 19 giugno 2006 l'auto è stata rimossa dall'istituto Smithsonian [13]. Nel marzo 2005, le ultime 78 vetture stoccate sono state trasferite nello stabilimento GM di Mesa, Arizona, per lo smaltimento definitivo, rottamazione e riciclaggio, fra lo stupore e le proteste dell'opinione pubblica.

Da notare che, se la GM avesse venduto le auto rimanenti, queste sarebbero state sottoposte a garanzia e sarebbe stato necessario fornire ricambi e assistenza per almeno 10 anni [14]. Oltre 100 persone si erano offerte di acquistare le auto elettriche rinunciando alla garanzia, ma la GM ha rifiutato.

Secondo fonti ufficiali della GM, il progetto EV1 non è stato un insuccesso, lo sviluppo dell'auto elettrica è stato abbandonato quando è stato chiaro che, il tanto atteso salto di qualità nella tecnologia delle batterie, non si sarebbe avverato.

Non tutte le EV1 sono andate distrutte. Sembra che alcune di esse siano in circolazione sulle strade della città di Warren, Michigan, dove si trova un centro di sviluppo della GM [15].

Il 30 giugno 2006 è uscito negli USA un documentario intitolato Who Killed the Electric Car? (Chi ha ucciso l'auto elettrica?) [16]. Alcune settimane prima del debutto del film, l'Istituto Smithsonian ha annunciato che l'esemplare di EV1 esposto nel proprio museo sarebbe stato rimosso. Anche se la GM è une dei più importanti finanziatori del museo, entrambe le parti affermano che l'uscita del film non ha niente a che vedere con la rimozione dell'auto.

In un'intervista, rilasciata alla rivista Motor Trend, Rick Wagoner ha dichiarato che l'abbandono del progetto EV1 è il maggior rimpianto del lavoro svolto, come amministratore delegato, presso la GM.


















Ora un pò di storia

AUTO ELETTRICA

Alcuni cenni storici dal 1799 fino ad oggi

L’auto elettrica nasce a metà dell’Ottocento, un prima dell’auto a benzina ed un dopo le carrozze a vapore. Se alla fine del secolo, invece di grandi giacimenti di petrolio si fosse scoperto un modo efficiente di immagazzinare l’elettricità, oggi forse viaggeremmo tutti su veicoli elettrici e magari si parlerebbebe del motore a combustione interna come possibile, ma difficile alternativa.

La storia, come sappiamo, non si scrive coi se e coi ma, e quindi sono i fatti concreti a decidere le sorti sia dei singoli che dei popoli. Nel caso della locomozione meccanica ci furono vari elementi (la scoperta dei giacimenti di petrolio, l’invenzione della gomma vulcanizzata e naturalmente la messa a punto del motore a combustione interna) con i quali fu possibile costruire e perfezionare l’automobile quale noi la conosciamo oggi.

All’inizio il motore a combustione era sporco, rumoroso e difficile da far funzionare, e non può dunque stupire il fatto che la trazione elettrica (assieme a quella a vapore) sia stata competitiva almeno fino ai primi anni di questo secolo.

La tecnologia di fine Ottocento permise al belga Camille Jenatzy di superare per primo il traguardo dei cento km/h con un veicolo elettrico: per la cronaca il record avvenne il 29 aprile 1899 nel parco di Achères alla media di 105,88 km/h e la macchina aveva il nome augurale di "Jamais contente".

Ma, come ci si doveva render conto, era stato raggiunto un limite dopo pochi anni di sviluppo: questo limite era la capacità energetica delle batterie. Tanto è vero che le successive sperimentazioni di veicoli elettrici stradali, continuate ancora negli anni Venti, non diedero i frutti sperati per quanto riguarda le automobili private.

Tuttavia, la trazione elettrica con alimentazione ad accumulatori è stata (ed è) utilizzata sempre e comunque laddove non interessano autonomia e velocità, ma invece silenziosità ed assenza di gas di scarico. Il salto tecnologico dell’elettronica ha permesso di migliorare nell’ultimo decennio sia i record di velocità che quelli di autonomia. Ma non entrambi, insieme, perchè il problema non ancora risolto è quello di avere una batteria con capacità di immagazzinare energia in quantità non dissimile da quella dei combustibili liquidi.

Tentativi di produrre automobili elettriche non sono mai mancati, ma solo i veicoli elettrici per uso industriale hanno continuato a prosperare per impieghi particolari ed a tutti ben noti, come i carrelli per il movimento nelle stazioni ferroviarie, i carrelli elevatori, le piccole auto per i campi da golf ed i veicoli per i servizi porta a porta. Questi ultimi specialmente in Inghilterra, dove la quiete dei cittadini è sacra e non è il caso di disturbarla con autocarri Diesel, sia pure nella utilissima funzione della raccolta rifiuti.

In tempo di guerra e di assoluta mancanza di benzina, pochi privilegiati si fecero trasformare auto convenzionali con la applicazione della trazione elettrica, ottenendo prestazioni modeste ma sempre migliori dell'andar a piedi. Poi più nulla fino agli anni Settanta, quando si cominciava a profilare qua e là il problema dell’inquinamento e qualche imprenditore più vispo degli altri metteva in giro la notizia di avere inventato la batteria miracolosa che avrebbe reso possibile auto elettriche con prestazioni migliori di quelle a benzina.

In realtà, e per restare sul piano pratico, a tutt’oggi e cioè all’inizio del 1996 due soli sono i tipi di batteria utilizzabili sulle auto elettriche e cioè il classico tipo al piombo/acido (con i miglioramenti dettati dalla ricerca tecnica quale ad esempio l’acido gelificato) e quello al nichel/cadmio. Altri dispositivi di accumulo chimico di energia sono allo studio, così come l’accumulo meccanico (volano) e quello con supercondensatori, ma chi compra un’auto elettrica ha solo la scelta tra i due tipi citati.

I limiti di questi sistemi sono noti (autonomia reale intorno ai 100 km e prestazioni buone per l’uso urbano e suburbano). Questi limiti spiegano perchè l’industria americana che ha esigenze di mercato diverse da quelle europee (prima fra tutte l’autonomia di almeno 200 km) ha annunciato più voltte di esser pronta quando in realtà stava sperimentando qualche nuova batteria promettente che però ha poi deluso, bloccando il programma. Ed il problema è serio perchè, se la legge californiana dovesse essere realmente messa in pratica a partire dal 1998, non si vede quale automobile sia in grado di soddisfare l’esigenza primaria dell’autonomia.

La soluzione interlocutoria cui si tende sembra essere quella della propulsione ibrida che offre una ridotta autonomia a zero emissioni per le zone veramente ad inquinamento critico, per passare al motore a combustione e naturalmente autonomia illimitata appena fuori dalle aree anzidette. Si tratta di un compromesso, naturalmente, ma forse l’unico praticabile almeno fino a quando si trovi la batteria ideale. Il sistema ibrido apre un capitolo completamente nuovo che ci farà entrare nel futuribile, anche se, nella storia della locomozione stradale non sono mancati esperimenti con veicoli dotati di sistemi ibridi.

In questi ultimi anni numerosi grandi costruttori si sono cimentati nella realizzazione di prototipi ibridi, tutti molto interessanti sebbene inevitabilmente penalizzati dall’alto costo derivante dalla presenza di un completo sistema a motore termico e di un completo sistema elettrico. Vale la pena di citare tra tutti per la sua estrema eleganza progettativa la vettura sportiva da competizione realizzata dalla Chrysler presentata a Detroit nel 1994 e destinata alla 24 ore di Le Mans, dove però non ha partecipato. Il generatore di corrente è una turbina associata ad un alternatore, e la trazione è assicurata da un motore elettrico; in parallelo c’è un volano la cui funzione è di raccogliere l’energia della frenata e restituirla nella successiva fase di accelerazione.

Tra questo veicolo laboratorio ed i modelli "do-it-yourself" che si vedono ogni anno al Salone di Los Angeles, sezione auto elettriche, c’è di tutto. Molto è già concretamente pronto per il mercato e per le applicazioni "vere". Per avere di più, non resta che aspettare ulteriori sviluppi.

CRONOLOGIA

1799. Alessandro Volta inventa la pila e ne dà notizia con lettera del 20 marzo 1800 a Sir Joseph Banks, presidente della Royal Society di Londra. Inizia così un vasto lavoro di ricerca e perfezionamento di generatori elettrochimici.

1820. Il fisico danese Oersted osserva il campo magnetico provocato dal passaggio della corrente elettrica in un filo metallico.

1831. L’inglese Faraday scopre il fenomeno complementare a quello precedente, ossia la corrente indotta nel filo quando questo si muove in un campo magnetico.

1837. Un americano, Thomas Davenport, brevetta (e forse costruisce) un veicolo elettrico funzionante con un rudimentale motore costituito da una elettrocalamita ed un arpionismo. Il brevetto reca il numero 132 e la data del 25 febbraio 1837.

1839. Uno scozzese, Robert Davidson, costruisce un veicolo elettrico, che secondo altre fonti risalirebbe al 1837.

1860. Il francese Gaston Planté inventa la batteria al piombo-acido solforico, poi perfezionata da Camille Fauré.

1873. Il belga Z.T. Gramme presenta a Vienna i primi esemplari industriali della dinamo e del motore a corrente continua realizzati sperimentalmente da Pacinotti, Pixii, Saxton ed altri.

1881. Il francese Gustave Trouvé gira a Parigi con un triciclo elettrico dotato di due motori per le ruote posteriori.

1882. Il 29 aprile a Berlino si sperimenta un autobus elettrico sulla Kurfürstendamm tra Halensee e Charlottenburg.

1889. Thomas Edison sperimenta un veicolo elettrico spinto dalle batterie alcaline di sua invenzione.

1892. Giuseppe Carli, di Castelnuovo di Garfagnana, costruisce un triciclo elettrico a due posti, con motore da 1 CV e che, completo di batterie pesava appena 140 kg.

1895. Il francese Jeantaud produce e vende vetture elettriche con autonomia di 30 km e velocità massima di 20 km/h.

1897. Servizio di taxi elettrici della London Electrical Cab Company con 15 vetture; anche a New York inizia un servizio analogo con 100 vetture della Electric Vehicle Company.

1898. Una vettura Jeantaud guidata dal conte Chasseloup-Laubat nel mese di dicembre stabilisce il primo record mondiale di velocità per automobili ad Achères presso Parigi, battendo gli altri veicoli a vapore ed a benzina, con la velocità di 63,157 km/h.

1899. Il 29 aprile ad Achères, il belga Camille Jenatzy con la sua vettura elettrica speciale Jamais Contente, stabilisce il record di velocità per autoveicoli alla media di 105,88 km/h.

1901. Un’auto elettrica viene raffigurata in un francobollo degli Stati Uniti: si tratta della Baker Brougham usata anche per il recapito della corrispondenza.

1902. La vettura elettrica Torpedo di Walter Baker tenta di battere il record di velocità il 30 maggio a Staten Island presso New York: non ci riesce a causa di un incidente ma il pilota ed il meccanico si salvano grazie all’uso, per la prima volta nella storia dell’auto, delle cinture di sicurezza.

1917. Negli Stati Uniti viene effettuata una prova di autonomia per veicoli elettrici, uno dei quali percorre i circa 200 km tra Atlantic City e New York alla media di 33 km/h.

1931. Cessa la produzione della Detroit Electric, ultima automobile elettrica prodotta in serie negli Stati Uniti.

1939. L’Inghilterra è l’unico Paese dove prospera una industria produttrice di veicoli elettrici industriali, con una decina di fabbriche. Le prove eseguite con veicoli per consegne porta a porta mostrano un sensibile vantaggio dei veicoli elettrici rispetto a quelli a benzina o a trazione animale.

1958. Prima dimostrazione pratica della "fuel cell" ad idrogeno-ossigeno che dà adito a nuove speranze per l’auto elettrica, tanto che la De Soto (gruppo Chrysler) propone un anno dopo il modellino di una vettura chiamata "Cella I" che dovrebbe funzionare appunto con la cella a combustibile.

1960. A partire dagli anni Sessanta ricominciano a proliferare le proposte, gli studi e i prototipi per la produzione di auto elettriche, sotto la spinta del pericolo di inquinamento causato dai gas di scarico. Tutte le Grandi Case automobilistiche presentano i loro prototipi, senza contare gli inventori la cui presenza si inserisce in concomitanza con le ricorrenti crisi energetiche.

1960-1970. Il decennio è caratterizzato da una sempre maggiore presenza di prototipi costruiti dalle grandi Case automobilistiche, sia spontaneamente che su sollecitazione delle società produttrici di energia elettrica, allo scopo di valutare il comportamento dei veicoli elettrici facendo astrazione dalla autonomia, in quanto le uniche batterie disponibili sono quelle al piombo con una modesta capacità di accumulo. La Fiat costruisce un primo prototipo nel 1963 sulla base della 600 multipla, poi nel 1965 un altro sulla base della 1100 D, e nel 1967 un terzo sulla base della 850. Ci sono anche prototipi giapponesi (Toyota Corona), della Ford, della Westinghouse (la Markette, forse la più brutta auto mai vista). La Ghia di Torino costruisce un bellissimo prototipo per la Rowan, un gruppo statunitense che avrebbe dovuto sviluppare una batteria dalle prestazioni mirabolanti. Purtroppo mai vista. Nel 1968 una monoposto da record costruita dalla Ford-Autolite porta il record sul chilometro lanciato per auto elettriche a 223 km/h.

1970-1980. Nel 1971 viene prodotta la Enfield in Inghilterra, Paese dove esiste una forte tradizione di veicoli per distribuzione merci e raccolta rifiuti; la Enfield viene prodotta in piccola serie per qualche anno. Nello stesso anno Georg von Opel con una Opel coupè trasformata stabilisce un record per auto di serie a 188 km/h utilizzando le batterie al nichel-cadmio. Vengono presentati numerosi prototipi, sia da privati sia dalle Case: la Volkswagen presenta la versione elettrica del transporter nel 1972, la Fiat la X1/23, veicolo progettato ad hoc per la trazione elettrica, e un anno dopo (1973) una 850 familiare con motore a corrente alternata. Nel 1974 la MAN sperimenta nel traffico di Mönchengladbach una flotta di 20 autobus caratterizzati dal rimorchio con 4 tonnellate di batterie che si può sostituire in pochi minuti, allungando l'autonomia. Altra realizzazione di interesse è la Jeep elettrica, fatta dal costruttore American Motors per le poste statunitensi nel 1975: costo 5595 dollari di allora, 300 unità prodotte oltre a numerosi altri prototipi. Nel 1980 la General Motors annuncia ufficialmente di essere pronta a partire nel 1985 con la produzione di 100 mila unità all’anno di un coupè elettrico azionato con batterie al nichel-zinco. Previsione classicamente sbagliata. Negli anni ’80 compaiono anche i prototipi ad energia solare, molto leggeri e monoposto, con praticità nulla dal punto di vista della motorizzazione generale, ma che daranno il via ad una serie di gare di durata, prima fra tutte la transaustraliana del 1987, la cui prima edizione viene vinta dal Sunraycer della GM dal costo presunto di 7 miliardi di lire (di allora).

1980-1990. Nel 1981 la Piaggio mette in vendita la prima serie Ape car elettrica; costruiti circa 300 esemplari per amministrazioni pubbliche con elevata sensibilità ecologica: il problema dell’inquinamento dell’aria causatto dai motori a combustione è molto sentito, specie in USA, Svezia e Germania. Nel 1989 la Peugeot presenta la 205 elettrica. Nel 1990 l’Audi presenta l’Audi Duo, un approccio serio al problema dell’autonomia, basato su una giardinetta di serie 4x4 in cui viene mantenuto il gruppo propulsore anteriore con motore ternico e viene collegato un motore elettrico al ponte posteriore. Sempre nel 1990 la Fiat, prima grande marca al mondo, mette in vendita la Panda Elettra regolarmente a catalogo con le versioni a benzina; ne sono state costruite 250 della prima serie, cui ha fatto seguito la seconda serie migliorata.

1990-1995. Nel 1991 viene publicizzata ancora la batteria sodio zolfo della ABB che inventata dai laboratori Ford nel 1965 era arrivata ad un buon livello energetico e lasciava bene sperare; ma i problemi di sicurezza l’hanno fatta mettere da parte spodestata dalla batteria Zebra della AEG nel settore delle batterie "calde". Nel 1990 e nel 1991 la General Motors presenta due versioni successive del prototipo Impact, con progressiva riduzione delle prestazioni annunciate quando si capiva che nuovi tipi di batterie di maggiore contenuto energetico non sarebbero state disponibili sul mercato.

Poi, fino ad oggi. Cresceva intanto il numero di prototipi in vista dell’avvicinarsi della data fatidica del 1998 quando le norme californiane avrebbero imposto alle grandi Case la vendita di almeno il 2% di auto elettriche con il progressivo aumento fino al 10%. Citiamo tra le proposte oltre alla Impact GM, il Chrysler Minivan del 1991, la Renault Elektro Clio dello stesso anno, così come la Opel Impuls su base giardinetta Astra, la Volvo ECC avveniristico veicolo ibrido a turbina, il prototipo Bertone Blitz, il Bertone Blitz del 1992, le Ford Ecostar, da furgoncino Escort, e Connecta, vettura originale, il curioso prototipo Biga di Giugiaro con sistema ibrido, e la Renault Zoom che in mancanza di meglio si accorcia per parcheggiare. Nel 1993 cominciano a circolare notizie su un prototipo Montedison, con una batteria innovativa: si saprà poi che è una fuel cell zinco-aria su un brevetto israeliano,che cadrà però nel nulla.

Nel 1993 la GM annuncia la costruzione di 50 esemplari della Impact per un collaudo allargato alla clientela, e nel dicembre la Peugeot annuncia il programma di prova a la Rochelle con 24 Peugeot 106 e 25 Citroën AX; dopo questa prova verrà dato inizio alla produzione delle vetture nel 1995 e la loro vendita in 25 città francesi, con batterie al nichel-cadmio date in affitto (per superare il problema del costo molto elevato). Viene inoltre annunciato che a partire dal '96 tali veicoli saranno gradatamente posti in commercio anche in altri Paesi europei. Nel frattempo l’industria tedesca ha in corso un esperimento su vasta scala cui prendono parte le maggiori industrie automobilistiche del Paese nell’isola di Rügen dove sono in funzione alcune decine di veicoli.

Nel 1994 al salone di Los Angeles viene presentato il manichino di una grossa berlina che, nell’intenzione dei suoi paladini, dovrebbe usare numerosi piccoli volani per immagazzinare energia; teoria non pellegrina, ma i pittoreschi presentatori non inducono alla fiducia. Nello stesso anno la Chrysler presenta a Detroit la Patriot, una biposto sport molto ambiziosa con generatori turbo elettrici a doppio stadio trazione elettrica ed accumulo su volano in frenata; prevista per una partecipazione a Le Mans nel 1995 non si è più vista.

Gli italiani nel 94-95 danno ottime prove: la Fiat con la ZIC una vettura da ricerca molto raffinata per i materiali e le tecnologie impiegate: Bertone ottiene prima il record dell’ora con 199,882 km percorsi sulla pista di Nardò dalla ZER, vettura da record e poi il 21.5.95 sulla stessa pista il record assoluto di velocità per auto elettriche con 303,977 km/h. La Pininfarina presenta a Los Angeles nel gennaio ’95 la Ethos 3 EX un prototipo perfettamente fattibile con scocca in materiali sintetici e struttura in alluminio.

Nel dicembre 1995, colpo di scena: il California Air Resources Board fa dietro front, le auto elettriche si dovranno vendere non dal 1998 bensì dal 2003. Le tre grandi marche americane, di fronte alla reale impossibilità di produrre auto elettriche a prezzi compatibili e più ancora con prestazioni accettabili dalla loro clientela ha fatto pressione finchè ha ottenuto la proroga, aiutati si dice dai petrolieri che temevano di perdere quote di mercato. In California infatti la maggior parte dell’energia elettrica è di produzione nucleare. Ma la Ford e la Chrysler annunciano di avere a punto un nuovo tipo di batteria e di programmare la vendita di un modello ciascuna nel 1997. La General Motors da parte sua annuncia che da agosto 1996 venderà la EV1 figlia di quella Impact troppo bella per essere vera.

Poi una serie di alti e bassi. La General Motor annuncia la propria caduta di interesse verso le auto elettriche a batteria, mentre viva resta l'attenzione verso le ibride e le elettriche a celle di combustibile. La Ford acquista una piccola casa norvegese creatrice di una interessante vettura urbana alimentata da batterie al nichel-cadmio, la Th!nk, e annuncia l'intendimento di una produzione su vasta scala per il mercato internazionale. Poi anche questo progetto viene accantonato.

Appare intanto la Prius della Toyota, una "minimal hybrid" diffusa in qualche decina di migliaia di esemplari in tutto il mondo, sottocosto, per saggiare la risposta del mercato.

Nel frattempo in Europa continua il successo del gruppo PSA (Peugeot+Citroen) con la loro produzione di modelli elettrici in piccola serie: la vettura Citroen Saxo, il furgone Citroen Berlingo, la Peugeot 106, la 600 Elettra FIAT, che all'orizzonte del 2000 vengono diffusi in circa 10.000 esemplari, in maggior parte in Francia ma anche in Italia. La SAFT francese e la Peugeot realizzano anche un prototipo della vettura 206 alimentata da batterie al litio-ioni che percorre su autostrada oltre 300 km.

La FIAT realizza ad Arese un polo di progettazione di veicoli a minimo impatto ambientale, tra cui la 600 Elettra, diffusa in centiania di esemplari in tutta Europa, e una version ibrida della Multipla che però non verrà mai prodotta in quantitativi significativi. Prototipi assai interessanti e avanzati vengono messi a punto anche dal Centro Ricerche FIAT di Orbassano, sia con tecnologia ibrida a metano, sia con celle di combustibile.

Oggi, tutte le grandi case automobilistiche hanno condotto esperienze progettuali e sperimentazioni di vetture ibride (le "minimal hybrid", sostanzialmente vetture con motore a scoppio nelle quali questo viene assistito da un piccolo motore elettrico e da una piccola batteria nelle fasi critiche, come l'avviamento o brevi pendenze), ed appare probabile che sarà su questa tecnologia che verrà attuato il mandato della legge della California. Come pure è probabile che ciò si trainerà dietro una considerevole penetrazione degli ibridi anche nei mercati europeo e giapponese.

Intanto, la penetrazione dei veicoli elettrici a batterie continua a crescere, sia pure lentamente. All'inizio degli anni 2000 circolano in Italia oltre 50.000 mezzi a batteria, dalla vettura ai furgoni, i bus e minibus, i ciclomotori, le biciclette a pedalata assistita. Si è ancora lontani dalla dimensione complessiva di circolante (parecchie centinania di migliaia di veicoli) che sarebbe necessaria per far sì che il tasso di ricambi (decine di migliaia di pezzi all'anno) diventasse sufficientemente grande da condurre ad un abbattimento dei prezzi per effetto scala.

Il crescente interesse per i veicoli a celle di combustibile, che altro non sono che veicoli elettrici che oltre alla batteria (piccola) posseggono una generatore elettrochimico alimentato da un combustibile (idrogeno o altro), assicura tuttavia un ruolo certo del mezzo elettrico nella mobilità stradale di domani. Ed anzi, una forte valenza dell'attuale diffusione di mezzi a batteria resta proprio quella di far entrare nella "cultura tecnica" diffusa quell'assieme di conoscenze, abitudini, infrastrutture, che saranno essenziali per supportare la diffusione di domani dei mezzi a celle di combustibile.

Si ringrazia per le informazioni la CIVES: Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali

Sostituzione delle batterie

Una alternativa alla ricarica (ed ai suoi lunghi tempi) è quella di sostituire rapidamente le batterie di accumulatori scarichi con altre già cariche. Queste batterie modulari (spesso alloggiate in un doppio fondo sotto l'abitacolo, tra le ruote, oppure sotto il bagagliaio) possono scorrere ed essere rapidamente sostituite dal personale della stazione di servizio oppure da sistemi robotizzati.

Queste batterie scariche modulari potrebbero essere sostituite con altre cariche (forse prevedendo il pagamento di un deposito iniziale) in stazioni di servizio, rivendite di auto, grandi magazzini oppure parcheggi. Con una dimensione standard (pari a quella di una valigetta d'aereo), comode maniglie, un peso ridotto a 20-40kg e rotelline, il cambio di uno o più moduli (inserendoli in fessure di ricarica a nastro trasportatore) è il più veloce (nessun tempo di ricarica): pochi secondi.

A seconda del tipo di batterie ricevute, si procederà a ricaricarle in modi diversi, gli accumulatori NiMH, Li-ion e Li-pol possono essere ricaricati immediatamente; le batterie NiCd devono essere prima scaricate allo 0% e poi ricaricate, per impedire l'effetto memoria. La pila zinco-aria (che non può essere ricaricata in modo semplice), deve essere portata in un centro industriale (più o meno grande, forse in futuro portatile) e "rigenerata" con un procedimento elettro-chimico.

Questi vari tipi di moduli potrebbero avere "colori standard", prese di corrente, numeri, lettere e codici a barre identificativi diversi, ed un circuito con un microchip che rivelasse la carica della batteria, le condizioni di salute della pila, la targa degli ultimi utenti ed eventuali scuotimenti o urti ricevuti dalla pila (rivelati con accelerometri inseriti nella batteria).

Il rischio di commettere errori nel loro utilizzo sarebbe inferiore a quello di scambiare i vari tipi di benzina (con o senza piombo, diesel) oppure di caricare benzina dal erogatore corretto, connesso al giusto deposito, ma caricato dal benzinaio con carburante scadente o diverso da quello indicato... in fondo si tratta sempre di elettroni, ed i circuti elettronici dell'auto elettrica possono misurare il voltaggio e l'amperaggio disponibili.

L'auto elettrica non è più un sogno

L' appuntamento è da Buck's of Woodside, un caffè della Silicon Valley. Qui si ritrovano manager delle aziende hi-tech e dei venture capital della zona a fianco di personaggi chiaramente ispirati alla controcultura californiana degli anni 60. Felix Kramer, imprenditore trasformatosi in attivista verde, sta tenendo banco con il suo argomento preferito: le macchine elettriche e la riluttanza delle grandi case automobilistiche a produrle su vasta scala fino a quando non saranno meno costose e più affidabili. «Se i costruttori di telefonini si fossero rifiutati di produrli perché pesavano come un mattone e costavano mille dollari, oggi non li avremmo». E insiste: «arrogante non costruire la versione 1.0 fino a che non è perfetta».

Il gruppo di Kramer – il California Cars Initiative (CalCars) di Palo Alto – ha preso in mano la situazione. L'associazione non-profit dispensa consigli su come convertire la Toyota Prius in un'auto elettrica ibrida di nuova generazione (Phev) con batterie in grado di durare più a lungo delle normali auto ibride. Anche i due leader mondiali, Toyota e General Motors, stanno testando loro stessi auto di questo genere, ma ne stanno ritardando il lancio commerciale a causa soprattutto delle difficoltà nello sviluppo delle batterie a ioni di litio. Kramer guida una Prius trasformata in Phev, con una scritta che recita «Questa ibrida elettrica percorre più di 100 Mpg (miglia per gallone, ndr)». Qualcuno fuori dal ristorante ha lasciato un biglietto sul cruscotto: «Sai dove posso comprare batterie per ibridi o Phev?».

La scena è emblematica del clima che si respira nella Silicon Valley, diventata molto "hot" per il settore emergente dell'auto elettrica. Il Congresso Usa, la Commissione Ue e le autorità locali in tutto il mondo stanno spingendo per costringere i costruttori a produrre veicoli più puliti ed efficienti a livello di carburante.

Lungo la strada che porta a San Carlos, la Tesla Motors sta sviluppando una macchina sportiva a batteria che sarebbe in grado di passare da zero a 60miglia (pocomenodi110chilome-tri) l'ora in meno di quattro secondi, meglio di una Lamborghini Murciela-go. Shai Agassi, ex presidente di Sap, ha raccolto 200 milioni di dollari (136 milioni di euro) per Project Better Place, una start up nell'auto elettrica. Che punta a sviluppare una catena di stazioni per le batterie che permetterebbe di ricaricare le auto rapidamente, rimuovendo così uno dei maggiori ostacoli all'adozione su larga scala dell'auto elettrica.

La stessa Google, i cui fondatori sono entusiasti del progetto auto elettrica, ha messo recentemente a disposizione 10 milioni di dollari per investimenti nel settore. Il gruppo ha già finanziato Think Global, l'azienda norvegese che l'anno scorso ha avviato la produzione di mini car elettriche dopo aver raccolto 93 milioni di dollari dal venture capital. Al Google plex si sta anche studiando un progetto per la raccol-ta di dati relativi alle auto convertite in Phev come quelle di CalCars. «La Silicon Valley è nota per la capacità di innovare. Siamo stufi di aspettare che Detroit si muova, quindi stiamo studiando come innovare con la tecnologia», afferma Kirsten Olsen di Google.org, il braccio filantropico del gruppo che sta seguendo questi progetti.

Nessuno pensa che la Silicon Valley possa prendere il posto di Detroit, Stoccarda o Toyota City come centro per la produzione di auto. Al di fuori di qui, analisti e aziende continuano a enfatizzare gli ostacoli che bloccano la commercializzazione dell'auto elettrica, a partire dal prezzo e dall'efficienza fino alla tecnologia delle batterie e la rete per la ricarica. Quello che la regione californiana può fare – e sta facendo in misura crescente – è finanziare e lanciare società in grado di incubare nuove tecnologie. «La Silicon Valley tende a essere più rapida nel cavalcare i trend, e possiamo replicare con le macchine quello che è stato fatto con i computer, internet e la telefonia mobile», sostiene Stephan Dolezalek di Vantage Partners, fondo che scommette sul cleantech avendo già investito in società come Tesla e Project Better Place. «La tecnologia dell'auto è fatta di elettronica e software,cose che noi sappiamo fare bene», aggiunge Ian Wright, fondatore di Wrightspeed, un'altra società che ha costruito un prototipo di auto elettrica.

La stessa California è all'avanguardia nel campo dell'auto pulita, arrivando a scontrarsi con il Governo federale proprio in merito al diritto di regolare le emissioni dei veicoli. Già nel 1990 lo Stato aveva costretto i costruttori a dotarsi di modelli a zero emissioni stimolandola prima ondata di auto con motore elettrico, anche se non hanno avuto particolare successo. Da allora però la tecnologia, la legislazione e l'opinione pubblica sono andati avanti sulla strada avviata. Anche l'aumento dei prezzi petroliferi ha incentivato la crescita del comparto. I big automobilistici si stanno impegnando sull'auto elettrica: oltre a Gm e Toyota progetti legati alla nuova generazione di modelli elettrici sono allo studio da parte di Daimler, Re-nault/Nissan e Mitsubishi. Anche se l'auto elettrica non soppianterà quella a benzina, si prevede che si espanda in maniera esponenziale nell'arco del prossimo decennio.

Le Tesla simboleggia il settore emergente dell'e-car con tutti i potenziali benefici e rischi. La società è nata nel 2003 con un capitale di 105 milioni di dollari, 37 dei quali forniti da Elon Musk, uno degli inventori di PayPal. Mentre buona parte delle concorrenti è costituita da microcar con un look molto "ecologico", la Tesla Roadsterè una due posti di fascia alta, dalle linee aggressive sul modello della Lotus Elise. L'auto sarà messa in vendita a 98mila dollari e la Tesla sostiene di avere venduto su prenotazione l'intera produzione del primo anno, 800 vetture. «Faremo auto stupende, sexy e veloci – dice Darryl Siry, vicepresidente per vendite e marketing –. Svilupperemo macchine a zero emissioni che la gente vorrà comunque guidare». Il cuore della vettura è costituito da migliaia di minibatterie, gestite in maniera affidabile e sicura. La tendenza al surriscaldamento è uno dei limiti della batterie a ioni di litio. Ma Tesla dice di aver fatto test accuratissimi legati alla sicurezza.

Il costo delle batterie al litio è un altro elemento frenante. Se Gm e Toyota sostengono che i Phev diventano redditizi solo sulla base dei grandi numeri, la scelta di un veicolo di fascia alta garantisce a Tesla di scaricare i costi sul consumatore. Con l'evoluzione della tecnologia l'azienda confida di moltiplicare i modelli, compresa una sedan sportiva più economica: «Puntiamo a essere la Porche dell'auto elettrica, o la Honda, il cui business model non è solo vendere auto, ma anche motori». A dispetto delle sue ambizioni Tesla ha dovuto rinviare per due volte il lancio della Roadster per problemi tecnici. Mal'azienda deve anche mettere in piedi una rete di assistenza adeguata. D'altra parte è proprio questo uno degli ostacoli cruciali che ogni produttore di nicchia si trova ad affrontare nella sfida ai grandi dell'auto.

E uno degli snodi decisivi che frenano l'espansione su larga scala dell'auto elettrica è proprio quello della rete di assistenza e di ricarica dei veicoli. I modelli in fase di sviluppo, come la Chevrolet Volt di Gm, saranno ricaricabili da una qualsiasi presa di corrente. Il modello potrebbe funzionare negli Stati Uniti, dove i proprietari di auto hanno solitamente un garage, meno in Europa e in Giappone, dove le auto vengono parcheggiate per strada. Toyota ha recentemente annunciato un accordo con la utility francese Edf per lo sviluppo di punti pubblici di ricarica in tutta Europa, insieme a un sistema per il pagamento.

Shai Agassi, l'imprenditore israeliano che ha avviato il Project Better Place, propone una soluzione radicalmente diversa. La sua idea è quella di sviluppare una rete di punti di ricarica e di stazioni per il cambio delle batterie, dove gli utenti possano cambiare le loro batterie con altre cariche in cinque minuti. Le prime auto elettriche hanno fatto flop proprio a causa dei costi eccessivi della ricarica. Agassi pensa a un sistema in cui le batterie siano di proprietà di società come la sua, il che avrebbe l'effetto di ridurre significativamente i prezzi dei veicoli. Sul modello degli operatori telefonici con le torri di trasmissione per le comunicazioni mobili, i proprietari delle infrastrutture dovrebbero sviluppare una rete in grado di garantire la possibilità di viaggi sulla lunga distanza con le auto elettriche. Gli utenti avrebbero diversi piani tariffari per le loro batterie, esattamente come con i cellulari.

Dal 2006 Agassi ha girato il mondo per convincere costruttori, policymaker, compagnie petrolifere ed elettriche. L'obiettivo primario sono le "isole di trasporto", luoghi ad alta densità di abitanti dove la maggior parte dei viaggi sono sulla corta distanza. Ha lanciato l'idea nel suo Paese d'origine, Israele, conquistando il sostegno del presidente Shimon Peres. Anche la Gran Bretagna potrebbe essere un terreno fertile, ma la Cina sarebbe ideale, con le sue aree urbane ad alta densità di popolazione. «L'impressione è che tra i costruttori ci sia lo stessa clima dell'Ipo di Netscape – sostiene Agassi –. Dicono: "Dobbiamo esserci"». Altri analisti del settore contrappongono gli ostacoli tecnici al cambio delle batterie, mentre è generalizzato lo scetticismo per quanto riguarda la performance e altri fattori che frenano l'utilizzo generalizzato dell'auto elettrica.

Agassi riconosce che la sua reputazione dipende dall'idea. La Silicon Valley – nota – ha ormai una tradizione consolidata di trainare l'innovazione mettendo insieme tecnologie all'avanguardia con nuovi modelli di business: «Abbiamo tecnici dotati di senso del business, abituati a prendersi rischi». ©Financial Times

Nuova auto elettrica

Un nome, una garanzia: VOLT



Flessibilità è la parola d’ordine della Chevrolet Volt, la nuova auto elettrica, presentata dalla General Motors al Salone di Detroit, che vanta diversi sistemi di alimentazione. Per il momento è ancora un prototipo ma sta preparando il terreno per qualificarsi come soluzione per il futuro.



“Noi crediamo che l’auto di domani dovrà essere tanto flessibile da poter essere alimentata da diversi combustibili” dichiara Rick Wagoner, numero uno di General Motors, “Una componente chiave di questa flessibilità è lo sviluppo di auto con trazione elettrica”.



Il sistema di propulsione brevettato E-Flex può essere alimentato ricaricando le batterie dalle prese di corrente della rete elettrica, facendo il pieno di un combustibile tradizionale, come diesel o benzina, o di carburanti più puliti come l’E85 o il bioetanolo e, infine, utilizzando idrogeno e celle a combustibile.



Le batterie a bordo della Chevrolet Volt sono al litio, pesano 200 chilogrammi, si ricaricano in sei ore e consentono di percorrere in tranquillità distanze di 65 km solamente in versione elettrica. Rispetto a un’auto tradizionale di caratteristiche analoghe il risparmio mensile è di circa 60 euro.



Oltre ad accumulare nelle batterie al litio l’energia elettrica attinta dalla rete, E-Flex può produrre elettricità direttamente a bordo grazie a una cella a combustibile a idrogeno o, in alternativa a un sistema con motore a combustione interna e generatore. Complessivamente la Volt è in grado di raggiungere un’autonomia di 1.000 km, cioè persino maggiore rispetto ai veicoli convenzionali.







Fonte: Energoclub.org

Il CEI rilancia il veicolo elettrico

Il CEI rilancia il veicolo elettrico






Entrato in servizio nel mese di ottobre il furgoncino a 3 porte che circolerà sulle strade di Milano



E' entrato in servizio nel mese di ottobre il primo veicolo elettrico CEI-CIVES. Si tratta di un furgoncino 3 porte adatto all'uso cittadino offerto in comodato d'uso al CEI dalla TIL (Trasporti Integrati e Logistica) collegato a una piccola rete di ricarica messa a disposizione dalla Zincar di Milano e posizionata all'interno della sede del CEI a Milano in via P. Saccardo, 9.


Il veicolo sarà utilizzato dal CEI per lo svolgimento dei propri servizi e delle proprie attività in città, nonché come esempio concreto di applicazione all’auspicato e auspicabile sviluppo di mezzi di trasporto elettrici nella metropoli milanese. E’ previsto che altri veicoli elettrici entrino a far parte del parco auto elettrica del CEI, che con questa iniziativa intende fornire un contributo tangibile alle politiche ambientali in atto nell’ottica del risparmio energetico e di uno sviluppo sostenibile, temi trasversali già cari e fortemente presenti nei lavori normativi all’interno di vari Comitati Tecnici e Gruppi di Lavoro CEI, anche a livello internazionale ed europeo.

Per quanto riguarda i veicoli elettrici nello specifico, l’argomento è trattato da un’apposita Commissione Speciale del CEI, la Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali a Batteria, Ibridi e a Celle a combustibile – CIVES.


Con le nuove batterie emergenti che stanno entrando in commercio si può iniziare a parlare di autonomia maggiore ai 100 km/h per i veicoli a batteria e di autonomia potenzialmente illimitata nel caso dei veicoli ibridi a doppia propulsione, vale a dire con motore sia elettrico sia a combustione esterna. Per i veicoli a batteria le emissioni di CO2 sono pressoché dimezzate rispetto ai motori a scoppio mentre per quelli ibridi sono ridotte del 20-30%.

In aggiunta ai lavori della CIVES, il CEI è attivo in questo campo anche attraverso l’attività di normazione tecnica operata da una serie di Comitati Tecnici, collegati con quelli internazionali, che riguardano la tematica delle motorizzazioni elettriche, dell’allacciamento alla rete elettrica e della relativa sicurezza (CT 69), gli accumulatori e pile (CT 21/35) e le celle a combustibile (CT 105).

La CIVES è la Sezione Italiana dell’AVERE (European Association for Battery, Hybrid and Fuel cell Electric Vehicles) creata nel 1978 su iniziativa della Comunità Economica Europea per studiare e promuovere la diffusione dei veicoli elettrici per uso stradale. E’ una struttura istituzionalmente riconosciuta e super partes che aggrega l’insieme degli operatori del settore, sia dal lato “offerta” (costruttori di veicoli e componenti, distributori di energia elettrica, strutture di ricerca, ecc.), sia dal lato “domanda” (operatori del trasporto, associazioni di categoria, ecc.). Fanno parte della CIVES numerose strutture pubbliche, quali i Ministeri dell’Ambiente, dell’Industria, dei Trasporti, la Regione Lombardia e le Amministrazioni comunali. Essa è portavoce degli interessi nazionali del settore verso la Commissione UE e svolge un ruolo di stimolo nella realizzazione di interventi pubblici a sostegno del settore.

Tra le altre più recenti iniziative sviluppate da CEI-CIVES, segnaliamo la terza edizione del Libro Bianco sull’Auto Elettrica, patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che fa il punto della situazione sul comparto e sui suoi sviluppi futuri e l’Annuario del Veicolo Elettrico Stradale, pubblicato sia in veste cartacea sia su CD e disponibile su richiesta presso il CEI.



Fonte: CEI

10 KW elettrici dal traffico

Il passaggio delle auto produce energia elettrica



Si chiama Electro Kinetic Road Ramp e aziona una dinamo col peso delle auto. Ad ogni passaggio genera fino a 10 kW di corrente. L'idea è semplice e geniale: sfruttare l'inutile passaggio delle auto nel traffico per fargli produrre corrente. Senza aumentare l'inquinamento e senza richiedere nessuno sforzo aggiuntivo ai motori delle auto: basta farle passare su una speciale pedana che grazie al peso delle vetture si abbassano di qualche centimetro e attivano un meccanismo che produce corrente.



Questa in sintesi l'invenzione dell'inglese Hughes Research Ltd che si appresta a montare su alcune strade (in via sperimentale) questo dispositivo battezzato Electro Kinetic Road Ramp: sono già 200 i comuni che si sono dichiarati interessati alla cosa. E già perché la Hughes Research ha già messo in vendita il suo dispositivo: 37 mila euro chiavi in mano. Poco, tutto sommato, rispetto ai vantaggi che promette l'Electro Kinetic Road Ramp: ad ogni passaggio di auto (a seconda del suo peso) si generano in modo del tutto gratuiti da 5 a 10 Kw, che finiscono immediatamente in uno speciale accumulatore, pronti per essere poi riutilizzati.




In questo modo ci si potrebbero far funzionare - in modo del tutto gratuito - pannelli luminosi per segnalazioni agli automobilisti o perfino lampade per illuminare la strada. In realtà la pedana che aziona il generatore è divisa in tre pezzi, per ottenere un doppio movimento al passaggio dei due assali dell'automobile.



Realizzato in acciaio ad alta resistenza l'Electro Kinetic Road Ramp è poi rivestito di un materiale antisdrucciolevole per evitare di trasformarsi (con il bagnato) in una terribile trappola per motociclisti) e non compromette in nessun modo la sicurezza di marcia delle vetture. Secondo il costruttore poi la sua manutenzione è praticamente inesistente e la sua robustezza a tutta prova: in migliaia di test non ha mai dato nessun problema.









Fonte: Repubblica.it

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