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domenica 3 febbraio 2008

Ora un pò di storia

AUTO ELETTRICA

Alcuni cenni storici dal 1799 fino ad oggi

L’auto elettrica nasce a metà dell’Ottocento, un prima dell’auto a benzina ed un dopo le carrozze a vapore. Se alla fine del secolo, invece di grandi giacimenti di petrolio si fosse scoperto un modo efficiente di immagazzinare l’elettricità, oggi forse viaggeremmo tutti su veicoli elettrici e magari si parlerebbebe del motore a combustione interna come possibile, ma difficile alternativa.

La storia, come sappiamo, non si scrive coi se e coi ma, e quindi sono i fatti concreti a decidere le sorti sia dei singoli che dei popoli. Nel caso della locomozione meccanica ci furono vari elementi (la scoperta dei giacimenti di petrolio, l’invenzione della gomma vulcanizzata e naturalmente la messa a punto del motore a combustione interna) con i quali fu possibile costruire e perfezionare l’automobile quale noi la conosciamo oggi.

All’inizio il motore a combustione era sporco, rumoroso e difficile da far funzionare, e non può dunque stupire il fatto che la trazione elettrica (assieme a quella a vapore) sia stata competitiva almeno fino ai primi anni di questo secolo.

La tecnologia di fine Ottocento permise al belga Camille Jenatzy di superare per primo il traguardo dei cento km/h con un veicolo elettrico: per la cronaca il record avvenne il 29 aprile 1899 nel parco di Achères alla media di 105,88 km/h e la macchina aveva il nome augurale di "Jamais contente".

Ma, come ci si doveva render conto, era stato raggiunto un limite dopo pochi anni di sviluppo: questo limite era la capacità energetica delle batterie. Tanto è vero che le successive sperimentazioni di veicoli elettrici stradali, continuate ancora negli anni Venti, non diedero i frutti sperati per quanto riguarda le automobili private.

Tuttavia, la trazione elettrica con alimentazione ad accumulatori è stata (ed è) utilizzata sempre e comunque laddove non interessano autonomia e velocità, ma invece silenziosità ed assenza di gas di scarico. Il salto tecnologico dell’elettronica ha permesso di migliorare nell’ultimo decennio sia i record di velocità che quelli di autonomia. Ma non entrambi, insieme, perchè il problema non ancora risolto è quello di avere una batteria con capacità di immagazzinare energia in quantità non dissimile da quella dei combustibili liquidi.

Tentativi di produrre automobili elettriche non sono mai mancati, ma solo i veicoli elettrici per uso industriale hanno continuato a prosperare per impieghi particolari ed a tutti ben noti, come i carrelli per il movimento nelle stazioni ferroviarie, i carrelli elevatori, le piccole auto per i campi da golf ed i veicoli per i servizi porta a porta. Questi ultimi specialmente in Inghilterra, dove la quiete dei cittadini è sacra e non è il caso di disturbarla con autocarri Diesel, sia pure nella utilissima funzione della raccolta rifiuti.

In tempo di guerra e di assoluta mancanza di benzina, pochi privilegiati si fecero trasformare auto convenzionali con la applicazione della trazione elettrica, ottenendo prestazioni modeste ma sempre migliori dell'andar a piedi. Poi più nulla fino agli anni Settanta, quando si cominciava a profilare qua e là il problema dell’inquinamento e qualche imprenditore più vispo degli altri metteva in giro la notizia di avere inventato la batteria miracolosa che avrebbe reso possibile auto elettriche con prestazioni migliori di quelle a benzina.

In realtà, e per restare sul piano pratico, a tutt’oggi e cioè all’inizio del 1996 due soli sono i tipi di batteria utilizzabili sulle auto elettriche e cioè il classico tipo al piombo/acido (con i miglioramenti dettati dalla ricerca tecnica quale ad esempio l’acido gelificato) e quello al nichel/cadmio. Altri dispositivi di accumulo chimico di energia sono allo studio, così come l’accumulo meccanico (volano) e quello con supercondensatori, ma chi compra un’auto elettrica ha solo la scelta tra i due tipi citati.

I limiti di questi sistemi sono noti (autonomia reale intorno ai 100 km e prestazioni buone per l’uso urbano e suburbano). Questi limiti spiegano perchè l’industria americana che ha esigenze di mercato diverse da quelle europee (prima fra tutte l’autonomia di almeno 200 km) ha annunciato più voltte di esser pronta quando in realtà stava sperimentando qualche nuova batteria promettente che però ha poi deluso, bloccando il programma. Ed il problema è serio perchè, se la legge californiana dovesse essere realmente messa in pratica a partire dal 1998, non si vede quale automobile sia in grado di soddisfare l’esigenza primaria dell’autonomia.

La soluzione interlocutoria cui si tende sembra essere quella della propulsione ibrida che offre una ridotta autonomia a zero emissioni per le zone veramente ad inquinamento critico, per passare al motore a combustione e naturalmente autonomia illimitata appena fuori dalle aree anzidette. Si tratta di un compromesso, naturalmente, ma forse l’unico praticabile almeno fino a quando si trovi la batteria ideale. Il sistema ibrido apre un capitolo completamente nuovo che ci farà entrare nel futuribile, anche se, nella storia della locomozione stradale non sono mancati esperimenti con veicoli dotati di sistemi ibridi.

In questi ultimi anni numerosi grandi costruttori si sono cimentati nella realizzazione di prototipi ibridi, tutti molto interessanti sebbene inevitabilmente penalizzati dall’alto costo derivante dalla presenza di un completo sistema a motore termico e di un completo sistema elettrico. Vale la pena di citare tra tutti per la sua estrema eleganza progettativa la vettura sportiva da competizione realizzata dalla Chrysler presentata a Detroit nel 1994 e destinata alla 24 ore di Le Mans, dove però non ha partecipato. Il generatore di corrente è una turbina associata ad un alternatore, e la trazione è assicurata da un motore elettrico; in parallelo c’è un volano la cui funzione è di raccogliere l’energia della frenata e restituirla nella successiva fase di accelerazione.

Tra questo veicolo laboratorio ed i modelli "do-it-yourself" che si vedono ogni anno al Salone di Los Angeles, sezione auto elettriche, c’è di tutto. Molto è già concretamente pronto per il mercato e per le applicazioni "vere". Per avere di più, non resta che aspettare ulteriori sviluppi.

CRONOLOGIA

1799. Alessandro Volta inventa la pila e ne dà notizia con lettera del 20 marzo 1800 a Sir Joseph Banks, presidente della Royal Society di Londra. Inizia così un vasto lavoro di ricerca e perfezionamento di generatori elettrochimici.

1820. Il fisico danese Oersted osserva il campo magnetico provocato dal passaggio della corrente elettrica in un filo metallico.

1831. L’inglese Faraday scopre il fenomeno complementare a quello precedente, ossia la corrente indotta nel filo quando questo si muove in un campo magnetico.

1837. Un americano, Thomas Davenport, brevetta (e forse costruisce) un veicolo elettrico funzionante con un rudimentale motore costituito da una elettrocalamita ed un arpionismo. Il brevetto reca il numero 132 e la data del 25 febbraio 1837.

1839. Uno scozzese, Robert Davidson, costruisce un veicolo elettrico, che secondo altre fonti risalirebbe al 1837.

1860. Il francese Gaston Planté inventa la batteria al piombo-acido solforico, poi perfezionata da Camille Fauré.

1873. Il belga Z.T. Gramme presenta a Vienna i primi esemplari industriali della dinamo e del motore a corrente continua realizzati sperimentalmente da Pacinotti, Pixii, Saxton ed altri.

1881. Il francese Gustave Trouvé gira a Parigi con un triciclo elettrico dotato di due motori per le ruote posteriori.

1882. Il 29 aprile a Berlino si sperimenta un autobus elettrico sulla Kurfürstendamm tra Halensee e Charlottenburg.

1889. Thomas Edison sperimenta un veicolo elettrico spinto dalle batterie alcaline di sua invenzione.

1892. Giuseppe Carli, di Castelnuovo di Garfagnana, costruisce un triciclo elettrico a due posti, con motore da 1 CV e che, completo di batterie pesava appena 140 kg.

1895. Il francese Jeantaud produce e vende vetture elettriche con autonomia di 30 km e velocità massima di 20 km/h.

1897. Servizio di taxi elettrici della London Electrical Cab Company con 15 vetture; anche a New York inizia un servizio analogo con 100 vetture della Electric Vehicle Company.

1898. Una vettura Jeantaud guidata dal conte Chasseloup-Laubat nel mese di dicembre stabilisce il primo record mondiale di velocità per automobili ad Achères presso Parigi, battendo gli altri veicoli a vapore ed a benzina, con la velocità di 63,157 km/h.

1899. Il 29 aprile ad Achères, il belga Camille Jenatzy con la sua vettura elettrica speciale Jamais Contente, stabilisce il record di velocità per autoveicoli alla media di 105,88 km/h.

1901. Un’auto elettrica viene raffigurata in un francobollo degli Stati Uniti: si tratta della Baker Brougham usata anche per il recapito della corrispondenza.

1902. La vettura elettrica Torpedo di Walter Baker tenta di battere il record di velocità il 30 maggio a Staten Island presso New York: non ci riesce a causa di un incidente ma il pilota ed il meccanico si salvano grazie all’uso, per la prima volta nella storia dell’auto, delle cinture di sicurezza.

1917. Negli Stati Uniti viene effettuata una prova di autonomia per veicoli elettrici, uno dei quali percorre i circa 200 km tra Atlantic City e New York alla media di 33 km/h.

1931. Cessa la produzione della Detroit Electric, ultima automobile elettrica prodotta in serie negli Stati Uniti.

1939. L’Inghilterra è l’unico Paese dove prospera una industria produttrice di veicoli elettrici industriali, con una decina di fabbriche. Le prove eseguite con veicoli per consegne porta a porta mostrano un sensibile vantaggio dei veicoli elettrici rispetto a quelli a benzina o a trazione animale.

1958. Prima dimostrazione pratica della "fuel cell" ad idrogeno-ossigeno che dà adito a nuove speranze per l’auto elettrica, tanto che la De Soto (gruppo Chrysler) propone un anno dopo il modellino di una vettura chiamata "Cella I" che dovrebbe funzionare appunto con la cella a combustibile.

1960. A partire dagli anni Sessanta ricominciano a proliferare le proposte, gli studi e i prototipi per la produzione di auto elettriche, sotto la spinta del pericolo di inquinamento causato dai gas di scarico. Tutte le Grandi Case automobilistiche presentano i loro prototipi, senza contare gli inventori la cui presenza si inserisce in concomitanza con le ricorrenti crisi energetiche.

1960-1970. Il decennio è caratterizzato da una sempre maggiore presenza di prototipi costruiti dalle grandi Case automobilistiche, sia spontaneamente che su sollecitazione delle società produttrici di energia elettrica, allo scopo di valutare il comportamento dei veicoli elettrici facendo astrazione dalla autonomia, in quanto le uniche batterie disponibili sono quelle al piombo con una modesta capacità di accumulo. La Fiat costruisce un primo prototipo nel 1963 sulla base della 600 multipla, poi nel 1965 un altro sulla base della 1100 D, e nel 1967 un terzo sulla base della 850. Ci sono anche prototipi giapponesi (Toyota Corona), della Ford, della Westinghouse (la Markette, forse la più brutta auto mai vista). La Ghia di Torino costruisce un bellissimo prototipo per la Rowan, un gruppo statunitense che avrebbe dovuto sviluppare una batteria dalle prestazioni mirabolanti. Purtroppo mai vista. Nel 1968 una monoposto da record costruita dalla Ford-Autolite porta il record sul chilometro lanciato per auto elettriche a 223 km/h.

1970-1980. Nel 1971 viene prodotta la Enfield in Inghilterra, Paese dove esiste una forte tradizione di veicoli per distribuzione merci e raccolta rifiuti; la Enfield viene prodotta in piccola serie per qualche anno. Nello stesso anno Georg von Opel con una Opel coupè trasformata stabilisce un record per auto di serie a 188 km/h utilizzando le batterie al nichel-cadmio. Vengono presentati numerosi prototipi, sia da privati sia dalle Case: la Volkswagen presenta la versione elettrica del transporter nel 1972, la Fiat la X1/23, veicolo progettato ad hoc per la trazione elettrica, e un anno dopo (1973) una 850 familiare con motore a corrente alternata. Nel 1974 la MAN sperimenta nel traffico di Mönchengladbach una flotta di 20 autobus caratterizzati dal rimorchio con 4 tonnellate di batterie che si può sostituire in pochi minuti, allungando l'autonomia. Altra realizzazione di interesse è la Jeep elettrica, fatta dal costruttore American Motors per le poste statunitensi nel 1975: costo 5595 dollari di allora, 300 unità prodotte oltre a numerosi altri prototipi. Nel 1980 la General Motors annuncia ufficialmente di essere pronta a partire nel 1985 con la produzione di 100 mila unità all’anno di un coupè elettrico azionato con batterie al nichel-zinco. Previsione classicamente sbagliata. Negli anni ’80 compaiono anche i prototipi ad energia solare, molto leggeri e monoposto, con praticità nulla dal punto di vista della motorizzazione generale, ma che daranno il via ad una serie di gare di durata, prima fra tutte la transaustraliana del 1987, la cui prima edizione viene vinta dal Sunraycer della GM dal costo presunto di 7 miliardi di lire (di allora).

1980-1990. Nel 1981 la Piaggio mette in vendita la prima serie Ape car elettrica; costruiti circa 300 esemplari per amministrazioni pubbliche con elevata sensibilità ecologica: il problema dell’inquinamento dell’aria causatto dai motori a combustione è molto sentito, specie in USA, Svezia e Germania. Nel 1989 la Peugeot presenta la 205 elettrica. Nel 1990 l’Audi presenta l’Audi Duo, un approccio serio al problema dell’autonomia, basato su una giardinetta di serie 4x4 in cui viene mantenuto il gruppo propulsore anteriore con motore ternico e viene collegato un motore elettrico al ponte posteriore. Sempre nel 1990 la Fiat, prima grande marca al mondo, mette in vendita la Panda Elettra regolarmente a catalogo con le versioni a benzina; ne sono state costruite 250 della prima serie, cui ha fatto seguito la seconda serie migliorata.

1990-1995. Nel 1991 viene publicizzata ancora la batteria sodio zolfo della ABB che inventata dai laboratori Ford nel 1965 era arrivata ad un buon livello energetico e lasciava bene sperare; ma i problemi di sicurezza l’hanno fatta mettere da parte spodestata dalla batteria Zebra della AEG nel settore delle batterie "calde". Nel 1990 e nel 1991 la General Motors presenta due versioni successive del prototipo Impact, con progressiva riduzione delle prestazioni annunciate quando si capiva che nuovi tipi di batterie di maggiore contenuto energetico non sarebbero state disponibili sul mercato.

Poi, fino ad oggi. Cresceva intanto il numero di prototipi in vista dell’avvicinarsi della data fatidica del 1998 quando le norme californiane avrebbero imposto alle grandi Case la vendita di almeno il 2% di auto elettriche con il progressivo aumento fino al 10%. Citiamo tra le proposte oltre alla Impact GM, il Chrysler Minivan del 1991, la Renault Elektro Clio dello stesso anno, così come la Opel Impuls su base giardinetta Astra, la Volvo ECC avveniristico veicolo ibrido a turbina, il prototipo Bertone Blitz, il Bertone Blitz del 1992, le Ford Ecostar, da furgoncino Escort, e Connecta, vettura originale, il curioso prototipo Biga di Giugiaro con sistema ibrido, e la Renault Zoom che in mancanza di meglio si accorcia per parcheggiare. Nel 1993 cominciano a circolare notizie su un prototipo Montedison, con una batteria innovativa: si saprà poi che è una fuel cell zinco-aria su un brevetto israeliano,che cadrà però nel nulla.

Nel 1993 la GM annuncia la costruzione di 50 esemplari della Impact per un collaudo allargato alla clientela, e nel dicembre la Peugeot annuncia il programma di prova a la Rochelle con 24 Peugeot 106 e 25 Citroën AX; dopo questa prova verrà dato inizio alla produzione delle vetture nel 1995 e la loro vendita in 25 città francesi, con batterie al nichel-cadmio date in affitto (per superare il problema del costo molto elevato). Viene inoltre annunciato che a partire dal '96 tali veicoli saranno gradatamente posti in commercio anche in altri Paesi europei. Nel frattempo l’industria tedesca ha in corso un esperimento su vasta scala cui prendono parte le maggiori industrie automobilistiche del Paese nell’isola di Rügen dove sono in funzione alcune decine di veicoli.

Nel 1994 al salone di Los Angeles viene presentato il manichino di una grossa berlina che, nell’intenzione dei suoi paladini, dovrebbe usare numerosi piccoli volani per immagazzinare energia; teoria non pellegrina, ma i pittoreschi presentatori non inducono alla fiducia. Nello stesso anno la Chrysler presenta a Detroit la Patriot, una biposto sport molto ambiziosa con generatori turbo elettrici a doppio stadio trazione elettrica ed accumulo su volano in frenata; prevista per una partecipazione a Le Mans nel 1995 non si è più vista.

Gli italiani nel 94-95 danno ottime prove: la Fiat con la ZIC una vettura da ricerca molto raffinata per i materiali e le tecnologie impiegate: Bertone ottiene prima il record dell’ora con 199,882 km percorsi sulla pista di Nardò dalla ZER, vettura da record e poi il 21.5.95 sulla stessa pista il record assoluto di velocità per auto elettriche con 303,977 km/h. La Pininfarina presenta a Los Angeles nel gennaio ’95 la Ethos 3 EX un prototipo perfettamente fattibile con scocca in materiali sintetici e struttura in alluminio.

Nel dicembre 1995, colpo di scena: il California Air Resources Board fa dietro front, le auto elettriche si dovranno vendere non dal 1998 bensì dal 2003. Le tre grandi marche americane, di fronte alla reale impossibilità di produrre auto elettriche a prezzi compatibili e più ancora con prestazioni accettabili dalla loro clientela ha fatto pressione finchè ha ottenuto la proroga, aiutati si dice dai petrolieri che temevano di perdere quote di mercato. In California infatti la maggior parte dell’energia elettrica è di produzione nucleare. Ma la Ford e la Chrysler annunciano di avere a punto un nuovo tipo di batteria e di programmare la vendita di un modello ciascuna nel 1997. La General Motors da parte sua annuncia che da agosto 1996 venderà la EV1 figlia di quella Impact troppo bella per essere vera.

Poi una serie di alti e bassi. La General Motor annuncia la propria caduta di interesse verso le auto elettriche a batteria, mentre viva resta l'attenzione verso le ibride e le elettriche a celle di combustibile. La Ford acquista una piccola casa norvegese creatrice di una interessante vettura urbana alimentata da batterie al nichel-cadmio, la Th!nk, e annuncia l'intendimento di una produzione su vasta scala per il mercato internazionale. Poi anche questo progetto viene accantonato.

Appare intanto la Prius della Toyota, una "minimal hybrid" diffusa in qualche decina di migliaia di esemplari in tutto il mondo, sottocosto, per saggiare la risposta del mercato.

Nel frattempo in Europa continua il successo del gruppo PSA (Peugeot+Citroen) con la loro produzione di modelli elettrici in piccola serie: la vettura Citroen Saxo, il furgone Citroen Berlingo, la Peugeot 106, la 600 Elettra FIAT, che all'orizzonte del 2000 vengono diffusi in circa 10.000 esemplari, in maggior parte in Francia ma anche in Italia. La SAFT francese e la Peugeot realizzano anche un prototipo della vettura 206 alimentata da batterie al litio-ioni che percorre su autostrada oltre 300 km.

La FIAT realizza ad Arese un polo di progettazione di veicoli a minimo impatto ambientale, tra cui la 600 Elettra, diffusa in centiania di esemplari in tutta Europa, e una version ibrida della Multipla che però non verrà mai prodotta in quantitativi significativi. Prototipi assai interessanti e avanzati vengono messi a punto anche dal Centro Ricerche FIAT di Orbassano, sia con tecnologia ibrida a metano, sia con celle di combustibile.

Oggi, tutte le grandi case automobilistiche hanno condotto esperienze progettuali e sperimentazioni di vetture ibride (le "minimal hybrid", sostanzialmente vetture con motore a scoppio nelle quali questo viene assistito da un piccolo motore elettrico e da una piccola batteria nelle fasi critiche, come l'avviamento o brevi pendenze), ed appare probabile che sarà su questa tecnologia che verrà attuato il mandato della legge della California. Come pure è probabile che ciò si trainerà dietro una considerevole penetrazione degli ibridi anche nei mercati europeo e giapponese.

Intanto, la penetrazione dei veicoli elettrici a batterie continua a crescere, sia pure lentamente. All'inizio degli anni 2000 circolano in Italia oltre 50.000 mezzi a batteria, dalla vettura ai furgoni, i bus e minibus, i ciclomotori, le biciclette a pedalata assistita. Si è ancora lontani dalla dimensione complessiva di circolante (parecchie centinania di migliaia di veicoli) che sarebbe necessaria per far sì che il tasso di ricambi (decine di migliaia di pezzi all'anno) diventasse sufficientemente grande da condurre ad un abbattimento dei prezzi per effetto scala.

Il crescente interesse per i veicoli a celle di combustibile, che altro non sono che veicoli elettrici che oltre alla batteria (piccola) posseggono una generatore elettrochimico alimentato da un combustibile (idrogeno o altro), assicura tuttavia un ruolo certo del mezzo elettrico nella mobilità stradale di domani. Ed anzi, una forte valenza dell'attuale diffusione di mezzi a batteria resta proprio quella di far entrare nella "cultura tecnica" diffusa quell'assieme di conoscenze, abitudini, infrastrutture, che saranno essenziali per supportare la diffusione di domani dei mezzi a celle di combustibile.

Si ringrazia per le informazioni la CIVES: Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali

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